lunedì 27 aprile 2015

Arnesi da uomo e vestiti da donna

C'è nella Bibbia ebraica il divieto di indossare abiti non conformi al proprio genere (Deuteronomio 22:5 - la traduzione è dell'ebreo Shmuel David Luzzatto, detto Shadal, e risale al 1878; chi preferisce più moderne traduzioni cristiane, si serva pure qui):
.לֹא-יִהְיֶה כְלִי-גֶבֶר עַל-אִשָּׁה, וְלֹא-יִלְבַּשׁ גֶּבֶר שִׂמְלַת אִשָּׁה:  כִּי תוֹעֲבַת יְהוָה אֱלֹהֶיךָ, כָּל-עֹשֵׂה אֵלֶּה 
Non sia arnese [kli] da uomo [gever] indosso a donna [ishah], né vesta un uomo abito [simlat] da donna [ishah]; poiché in abbominazione [to'evah] al Signore, Iddio tuo, è chiunque fa di tali cose. 
Ho riportato tra parentesi quadre i termini ebraici usati qui per designare l'uomo [gever] e la donna [ishah], perché, se prendiamo per buono il suggerimento di Gianfranco Ravasi qui esposto, quei termini indicano il genere della persona, non il suo sesso; quindi il divieto, se va preso alla lettera, va osservato in rapporto alla propria identità di genere.

Un autore cristiano dà un'interessante, ma eteronormativa disamina del brano biblico; questi osserva che la parola ebraica kli (quella che Shadal traduce appropriatamente con "arnese") non indica semplicemente un indumento, ma uno strumento (altrove indica anche un vaso - questo spiega espressioni del latino della Vulgata come "vasa iniquitatis" [Genesi 49:5],"vas electionis" [Atti 9:15], etc.).

Nella sua interpretazione il divieto è quello non tanto di vestire una donna con abiti da uomo, ma di mettere in mano ad una donna strumenti di lavoro maschili - tra cui le armi, in quanto la parola gever (che pure nell'ebraico contemporaneo può indicare anche un vecchio infermo e claudicante) indica letteralmente il guerriero nel massimo del vigore.

L'uomo invece non può vestire abiti da donna perché, secondo l'eteronormativo James Gunn (un'osservazione simile fa Maimonide), questo era il comportamento dei sacerdoti di Astarte, che si vestivano da donna per darsi alla prostituzione sacra - la già citata Nuovissima Versione della Bibbia dai Testi Originali, nel commento a quel versetto, accenna brevemente e pudicamente a questo, e con questo motiva ambo i divieti, non solo quest'ultimo.

Le osservazioni di James Gunn sono interessanti, ma inficiate dal fatto che egli programmaticamente ignora la differenza tra l'identità di genere ed il sesso biologico, e non vuole il disallineamento tra quest'ultimo ed il ruolo di genere ricoperto.

I rabbini hanno diverse opinioni: se la Chabad stila una casistica sui limiti del cross-dressing (per esempio, una donna può indossare un cappotto da uomo per difendersi dal freddo), per l'American Jewish World Service, il problema non è adeguare gli abiti al ruolo di genere, bensì impedire che un uomo travestito da donna possa violare l'intimità delle donne - quando non c'è quest'intento o pericolo (come ad esempio a Purim), il "travestimento" è lecito.

Questo è lo status questionis anche per The Oxford Encyclopedia of Bible and Gender Studies: la parola ebraica to'evah (che Shadal traduce come "abbominazione") allude ad un comportamento sessuale proibito, e la quasi totalità delle fonti rabbiniche intende con esso appunto il rischio che un uomo, travestendosi da donna, possa estorcere od avere consensualmente rapporti sessuali illeciti con donne (solo rav Yochanan allude alla possibilità di incontri omosessuali).

Quindi, a lume di Talmud, il cross-dressing è di per sé lecito. Gli ebrei transgender tirano un sospiro di sollievo.

Raffaele Yona Ladu

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